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Remigrazione: un’idea che guarda al passato e tradisce il futuro

Copertina: Remigrazione, un’idea che guarda al passato e tradisce il futuro

Legittimare il concetto di remigrazione non è solo discutibile: è aberrante. Significa compiere un salto all’indietro nella storia, verso un’epoca segnata dall’esclusione, dalla discriminazione e dalla disumanizzazione. Significa accettare che il valore di una persona sia definito dalla sua origine anziché dalla sua dignità, dal suo impegno e dal contributo concreto che offre alla società in cui vive.

Parlare di remigrazione non è soltanto un errore politico e sociale: è un attacco diretto ai principi fondamentali della convivenza civile, dell’uguaglianza e della libertà. È un concetto che non propone soluzioni, ma fabbrica divisioni; non affronta i problemi, ma costruisce nemici; non risponde alle sfide di un mondo complesso e interconnesso, ma le semplifica in una retorica di paura e sospetto.

La storia, con una chiarezza impietosa, ci mostra le conseguenze di simili derive: ogni volta che un popolo ha scelto di escludere, espellere o discriminare in nome di una presunta “purezza” culturale o identitaria, il risultato è stato miseria morale, sofferenza umana e ingiustizia. Riaprire quella porta significa rifiutare il progresso, negare la straordinaria ricchezza che nasce dall’incontro tra culture e tradire i valori di umanità e solidarietà che costituiscono il fondamento di ogni società civile.

Chi oggi promuove la remigrazione non sta difendendo il futuro: lo sta impoverendo. Non sta proteggendo un’identità: la sta rinchiudendo in una gabbia fatta di paura, diffidenza e fragilità. Un’identità sana non teme il confronto, ma lo ricerca; non si spegne nell’isolamento, ma cresce nel dialogo.

Il vero progresso non si misura nella capacità di respingere, ma nella forza di includere. Non nasce dal costruire muri, ma dal tendere ponti. In un mondo dove le sfide globali – dalla crisi climatica alle disuguaglianze economiche, dalle guerre alle migrazioni – richiedono risposte comuni, scegliere l’esclusione significa condannarsi all’irrilevanza.

Difendere la dignità umana, accogliere la diversità e costruire comunità inclusive non è un gesto di ingenuità: è l’unica strada per garantire sicurezza, stabilità e progresso autentico. Ogni alternativa, remigrazione compresa, non è altro che un ritorno a un passato che abbiamo il dovere di non rivivere mai più.

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